[by Giada Rimondi]
Abbiamo parlato di come l’osservazione del vino sia il primo passo per comprendere ciò che c’è nel calice e ora andremo alla ricerca di conferme usando i sensi più coinvolti nella degustazione: l’olfatto prima ed il gusto subito dopo.
Scopriremo come i due sensi siano in realtà complementari l’uno all’altro nell’atto dell’assaggio.
L’olfazione prepara il gusto e la deglutizione riporta alle vie retronasali gli aromi del vino che abbiamo accolto in bocca.
Cosa dovremmo aspettarci mettendo il naso nel calice? Distinguiamo subito fra sensazioni verticali e orizzontali…No, non è una lezione di geometria, tranquilli!
Questa distinzione ci aiuta moltissimo a capire che il vino può presentare un profilo sensoriale variabile sia in intensità (sensazione verticale: 1 rosa o 100 rose?) che in complessità (sensazione orizzontale: quanti e quali sentori ha?).
L’intensità e la complessità del vino sono percepibili grazie alla temperatura alla quale lo degustiamo e dipendono dalla concentrazione delle sostanze volatili che si librano facendo roteare il bicchiere; gli odori che percepiremo all’olfatto derivano dalla tipologia di uva, dai processi fermentativi, dalle tecniche di vinificazione, dall’affinamento e dall’evoluzione.
Altri due termini che ricorrono nella degustazione sono le morbidezze e le durezze del vino.
Vi chiederete come si possano applicare questi due descrittori dal momento che stiamo parlando di un liquido… Ebbene, il profilo del vino è determinato proprio dall’equilibrio fra le componenti morbide e quelle dure.
Le prime sono determinate dagli zuccheri, quindi dall’alcolicità e dai polialcoli, che ci fanno percepire sensazioni calde, avvolgenti e, appunto morbide in bocca; le seconde invece portano alle nostre papille le spigolosità dovute alla presenza di acidi, tannini e sostanze minerali.
Nel valutare il vino dovremo anche saper riconoscere la sua persistenza, la sua corposità e la sua armonia, tenendo sempre conto di tutte le informazioni che abbiamo raccolto via via.
Facciamo qualche esempio: se stiamo valutando un vino bianco giovane, dal colore giallo paglierino tenue con riflessi verdolini, avremo un’intensità ed una complessità limitate poiché le uve, raccolte un po’ in anticipo rispetto ad una piena maturazione, presentavano nella buccia, nella polpa e nell’acino una bassa concentrazione di sostanze atte a regalare profumi e sapori.
Avremo quindi un effluvio delicato di fiori bianchi, una componente vegetale e una vena fruttata poco percettibili seppur riconoscibili. Anche la mineralità può emergere, in particolare se queste uve provengono da un terreno o un microclima che cedono questa durezza.
In bocca ci ritroveremo un prodotto fresco, termine che sta ad indicare il grado di acidità, componente, questa, che conferisce vitalità al vino controbilanciandone le morbidezze e che, come in questo caso, tende a sovrastarle poiché stiamo degustando un prodotto con una bassa presenza di zuccheri e dunque un’alcolicità e una morbidezza contenute.